19/09/11

Terremoto dell’Aquila: gli scienziati portati in tribunale

All'Aquila non va sotto processo la scienza. Ma la comunicazione della scienza. La differenza sembra piccola, ma è molto rilevante. Al punto che a riconoscerla è la principale rivista scientifica mondiale, Nature, che, al processo aperto dalla Procura della Repubblica dell'Aquila contro laCommissione Grandi Rischi, dedica la copertina del numero di questa settimana e un ampio reportage.

Non è la prima volta che la rivista britannica si occupa della questione. Lo aveva fatto già in passato con un'interessante inchiesta di Nicola Nosengo, che, proprio all'indomani del rinvio a giudizio dei sei membri della Commissione Grandi Rischi che saranno ascoltati il prossimo 20 settembre, aveva deciso di aprire un varco di dubbio nella questione spinosa del processo. Fino ad allora, infatti, la decisione di aprire un procedimento giudiziario contro gli scienziati era sembrata alla stragrande maggioranza della comunità scientifica internazionale un vero e proprio atto di prevaricazione. Appelli sostenuti dalle principali istituzioni di ricerca internazionali, tra cui anche l'American Association for the Advancement of the Science (Aaas), e inviati al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per ribadire l'assurdità della decisione della Procura della Repubblica aquilana.


In calce a quell'appello, più di 5mila scienziati si sono mossi a difesa dei loro colleghi italiani, che pure hanno un peso nell'accademia internazionale. I nomi coinvolti sono di altissimo livello: Enzo Boschi, all'epoca presidente dell' Istituto nazionale  di geofisica e di vulcanologia, Franco Barberi, università Roma Tre, Mauro Dolce, responsabile dell'ufficio rischio sismico della Protezione Civile, Claudio Evadell'Università di Genova, Giulio Selvaggi (Ingv), Gian Michele Calvi, presidente dello European Centre for Training and Research in Earthquake Engineering di Pavia e Bernardo De Bernardinis, numero due della Protezione Civile.


Agli occhi della comunità internazionale, la decisione di aprire un'inchiesta è sembrata una vera e propria caccia alle streghe. Qualcosa che, nel paese di Galileo Galilei e delle leggi contro la ricerca sulle cellule staminali, rischiava di riaprire una nuova e dolorosa pagina nera per la scienza. Come si fa a mandare sottoprocesso uno scienziato per il semplice motivo che non ha saputo prevedere un terremoto? Messa in questi termini, la questione era davvero assurda. I terremoti non si possono prevedere e al mondo non esiste una persona che sia in grado di farlo: dunque dove è il fondamento dell'iniziativa giudiziaria promossa dai giudici dell'Aquila? La questione, però, rileva ora Nature, non è questa.
La Procura infatti non ha voluto portare avanti la sua azione penale - l'accusa è di omicidio colposo plurimo e lesioni - fino al rinvio a giudizio, non perché non hanno saputo prevedere l'arrivo di una scossa, ma perché non hanno saputo comunicare alla popolazione il rischio reale che si correva, nel caso in cui una scossa di forte intensità fosse arrivata. Nelle cinque pagine del servizio, l'inviato diNature Stephen S. Hall, che oltre a scrivere per la rivista insegna comunicazione della scienza alla New York University, ricostruisce e ripercorre tutti gli eventi che portarono alla famosa riunione della Commissione Grandi Rischi all'Aquila del 31 marzo 2009, attraverso la testimonianza diretta degli imputati e dei loro avvocati, dei familiari delle vittime - costituiti in parte civile al processo - e della Procura. Tutto viene preso in esame, persino il clima di panico messo in atto dalle previsioni erratedel tecnico Giampaolo Giuliani e delle conseguenti denunce da parte del numero uno della Protezione civile Guido Bertolaso per procurato allarme.
Ed ecco che sembra di rivivere quei giorni. Dal servizio emerge tutta la delicatezza della questione e si sgombra il campo su una questione estremamente rilevante, e cioè che non è in atto alcuna caccia alle streghe. La procura infatti, sta lavorando su un tema che interessa, scrive Nature, ogni scienziato che si trova a dover lavorare nel campo dei disastri naturali, dove le previsioni in merito a un eventuale rischio, quando sono possibili, sono solo di ordine probabilistico. Elemento, questo, che cozza contro le esigenze dei decisori politici e dell'opinione pubblica, che invece ha bisogno di informazioni nette e chiare e di decisioni. Non di vaghe rassicurazioni, come invece accusa la Procura, che, rincarando la dose, non hanno tenuto nel debito conto neanche la presenza di un elevato numero di edifici ad alto rischio di crollo.
Così, spiega Nature, le parole pronunciate da Bernardo De Bernardinis al termine di quella riunione, convocata in fretta e furia all'Aquila e non a Roma, per rassicurare la popolazione stremata dallo sciame sismico e dai falsi allarmi, sono state sufficienti a decretare l'apertura del Procedimento Giudiziario. A Pesare più di tutti la frase " lo sciame sismico farebbe scaricare energia", che è stata presa come un invito a tornare a casa. Gli abitanti del centro storico del capoluogo abruzzese così almeno l'hanno intesa quella frase e sono tornati a casa. Dopo sei giorni, però, il terremoto ha distrutto quelle loro case e la vita di molti dei loro familiari. Il processo dell'Aquila, spiega Nature, è destinato a fare scuola in tutto il mondo perché tocca davvero l'efficace della strategia di comunicazione del rischio e dell'emergenza.

Articolo da Yahoo! Notizie

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