11/02/12

Steve Jobs e le indagini dell'Fbi «drogato e disonesto»

E' il profilo che emerge da un dossier inedito pubblicato dall'istituto federale di investigazione, secondo cui il fondatore di Apple aveva «troppi scheletri nell'armadio».

Sarebbe meno edificante della biografia ufficiale e autorizzata, il profilo di Steve Jobs che emerge da un dossier di 191 appena pubblicato dal sito dell'Fbi sul fondatore di Apple. Le indagini iniziarono nel 1985, quando Jobs fu preso di mira da un ricattatore che minacciò di farlo saltare in aria se non gli avesse versato un milione di dollari. Ma l'investigazione durò anche nel periodo successivo alla risoluzione del caso e prosegue anche quando il nome del manager emerse tra quelli dei candidati all’US President’s Export Council dell’allora amministrazione di George Bush padre. Jobs avrebbe dovuto ricoprire un incarico prestigioso che però non glivenne mai accordato.

Dopo aver intervistato 15 persone del suo entourage infatti (amici ed impiegati) l’Fbi ritenne forse che aveva troppi «scheletri nell’armadio». Tra le verità scomode anche il suo uso di droghe illegali tra gli anni '60 e '70 («non sappiamo se ne fa ancora uso», dichiara un’anonima gola profonda ai federali) e la sua presunta disonestà. Dubbi anche sulla paternità di certe creazioni del genio di Apple. «Diversi agenti misero in dubbio l’integrità di Jobs», si legge nelle carte, «un uomo pronto a distorcere la verità e piegare la realtà per raggiungere i propri obiettivi». Infangata anche l'integrità morale di Jobs nella vita privata: alcuni testimoni commentarono che «in passato egli non ha mantenuto la madre della figlia avuta da una relazione extraconiugale» e neppure «la bambina» (Lisa, nata nel 1978 e cresciuta povera e con gli assegni statali, quando Jobs si rifiutò di riconoscerne la paternità). Un ex «amico» sostiene che «il suo carattere morale è discutibile» e che «egli possiede integrità solo quando gli conviene».

Il sito Gawker, uno dei primi a visionare i file, si dice sconcertato. Ma il successore di Jobs non ci sta e parla di complotto: «Ho letto molti fascicoli relativi ad indagini Fbi», scrive John Cook, «ma è raro trovare informazioni offensive come queste». È ironico che ad infangarlo siano proprio le persone da lui stesso messe a disposizione dei federali: «la prova», afferma Cook, «che non conosceva bene i suoi amici». Secondo il sito Business Insider.com l’Fbi non ha mai digerito l’atteggiamento spocchioso di Jobs che avrebbe rifiutato i  numerosi inviti del Bureau of investigations a farsi intervistare. «Sono troppo preso, non posso perdere un’ora del mio tempo seduto a parlare con voi», sarebbe stata la scusa ricorrente di Jobs.

Articolo da Yahoo!

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