All'Aquila non va sotto processo la scienza. Ma la
comunicazione della scienza. La differenza sembra piccola, ma è molto rilevante. Al punto che a riconoscerla è la principale rivista scientifica mondiale,
Nature, che, al processo aperto dalla Procura della Repubblica dell'Aquila contro la
Commissione Grandi Rischi, dedica la copertina del numero di questa settimana e un ampio reportage.
Non è la prima volta che la rivista britannica si occupa della
questione. Lo aveva fatto già in passato con un'interessante inchiesta
di Nicola Nosengo, che, proprio all'indomani del rinvio a giudizio dei
sei membri della Commissione Grandi Rischi che saranno ascoltati il
prossimo 20 settembre, aveva deciso di aprire un varco di
dubbio
nella questione spinosa del processo. Fino ad allora, infatti, la
decisione di aprire un procedimento giudiziario contro gli scienziati
era sembrata alla stragrande maggioranza della comunità scientifica
internazionale un vero e proprio
atto di prevaricazione. Appelli sostenuti dalle principali istituzioni di ricerca internazionali, tra cui anche l'American Association for the Advancement of the Science (Aaas), e inviati al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per ribadire l'
assurdità della decisione della Procura della Repubblica aquilana.
In calce a quell'appello, più di 5mila scienziati si
sono mossi a difesa dei loro colleghi italiani, che pure hanno un peso
nell'accademia internazionale. I nomi coinvolti sono di altissimo
livello:
Enzo Boschi, all'epoca presidente dell' Istituto nazionale di geofisica e di vulcanologia,
Franco Barberi, università Roma Tre,
Mauro Dolce, responsabile dell'ufficio rischio sismico della Protezione Civile,
Claudio Evadell'Università di Genova,
Giulio Selvaggi (Ingv),
Gian Michele Calvi, presidente dello European Centre for Training and Research in Earthquake Engineering di Pavia e
Bernardo De Bernardinis, numero due della Protezione Civile.
Agli occhi della comunità internazionale, la decisione di aprire un'inchiesta è sembrata una vera e propria
caccia alle streghe.
Qualcosa che, nel paese di Galileo Galilei e delle leggi contro la
ricerca sulle cellule staminali, rischiava di riaprire una nuova e
dolorosa pagina nera per la scienza. Come si fa a mandare sottoprocesso
uno scienziato per il semplice motivo che non ha saputo
prevedere
un terremoto? Messa in questi termini, la questione era davvero
assurda. I terremoti non si possono prevedere e al mondo non esiste una
persona che sia in grado di farlo: dunque dove è il fondamento
dell'iniziativa giudiziaria promossa dai giudici dell'Aquila? La
questione, però, rileva ora
Nature, non è questa.
La Procura infatti non ha voluto portare avanti la sua azione penale - l'accusa è di
omicidio colposo plurimo e lesioni - fino al rinvio a giudizio, non perché non hanno saputo prevedere l'arrivo di una scossa, ma perché non hanno saputo
comunicare
alla popolazione il rischio reale che si correva, nel caso in cui una
scossa di forte intensità fosse arrivata. Nelle cinque pagine del
servizio, l'inviato di
Nature Stephen S. Hall,
che oltre a scrivere per la rivista insegna comunicazione della scienza
alla New York University, ricostruisce e ripercorre tutti gli eventi che
portarono alla famosa riunione della Commissione Grandi Rischi
all'Aquila del 31 marzo 2009, attraverso la testimonianza diretta degli
imputati e dei loro avvocati, dei familiari delle vittime - costituiti
in parte civile al processo - e della Procura. Tutto viene preso in
esame, persino il clima di panico messo in atto dalle
previsioni erratedel tecnico Giampaolo Giuliani e delle conseguenti denunce da parte del numero uno della Protezione civile
Guido Bertolaso per procurato allarme.
Ed ecco che sembra di rivivere quei giorni. Dal servizio emerge tutta
la delicatezza della questione e si sgombra il campo su una questione
estremamente rilevante, e cioè che non è in atto
alcuna caccia alle streghe. La procura infatti, sta lavorando su un tema che interessa, scrive
Nature,
ogni scienziato che si trova a dover lavorare nel campo dei disastri
naturali, dove le previsioni in merito a un eventuale rischio, quando
sono possibili, sono solo di ordine
probabilistico. Elemento, questo, che cozza contro le esigenze dei decisori politici e dell'opinione pubblica, che invece ha bisogno di
informazioni nette e chiare e di
decisioni. Non di
vaghe rassicurazioni,
come invece accusa la Procura, che, rincarando la dose, non hanno
tenuto nel debito conto neanche la presenza di un elevato numero di
edifici ad alto rischio di crollo.
Così, spiega
Nature, le parole pronunciate da Bernardo De
Bernardinis al termine di quella riunione, convocata in fretta e furia
all'Aquila e non a Roma, per
rassicurare la popolazione
stremata dallo sciame sismico e dai falsi allarmi, sono state
sufficienti a decretare l'apertura del Procedimento Giudiziario. A
Pesare più di tutti la frase "
lo sciame sismico farebbe scaricare energia", che è stata presa come un
invito a tornare a casa.
Gli abitanti del centro storico del capoluogo abruzzese così almeno
l'hanno intesa quella frase e sono tornati a casa. Dopo sei giorni,
però, il terremoto ha distrutto quelle loro case e la vita di molti dei
loro familiari. Il processo dell'Aquila, spiega
Nature, è destinato a fare scuola in tutto il mondo perché tocca davvero l'efficace della
strategia di comunicazione del rischio e dell'emergenza.
Articolo da Yahoo! Notizie